Semplicemente noi

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"Tu non puoi capire cosa è successo!"

       

"Non puoi capire cos'è successo!"

Agata cammina su e giù per la stanza, non sta ferma un secondo è agitata, lo capisco dal tono della voce. Fin da piccole quando c'era qualcosa che la turbava iniziava a parlare come una macchinetta e non stava ferma. Mi fa male la testa ma mi viene da ridere lo stesso e lei, imperterrita, continua. Ha il cellulare in mano e mi sta mimando la scena. Quant'è buffa!

"Ero in macchina, mi squilla il telefono, non faccio in tempo a dire 'pronto' che parte una tragedia. Calma, calma, calma. Respira che non capisco nulla di quello che mi stai dicendo. – le ho risposto – Ricomincia per favore. E lei 'L'ho fatto, gliel'ho detto e lui, lui.' E giù singhiozzi."

Mentre la ascolto mi immagino la scena, Matilde, profondi occhi blu e setosi capelli biondi, è sempre stata pacata, riflessiva, composta e calma, mentre Agata, luccicanti occhi verdi con leggere striature di marrone e lucidi capelli neri, è un vulcano in eruzione. Coraggiosa, dice sempre quello che pensa, non finge mai, sempre onesta, pure troppo a volte, con tutto e tutti. Ci conosciamo tutte e tre da sempre: insieme dall'asilo fino alle medie, separate per le superiori e l'università, ma sempre in contatto, sempre unite. Come adesso che Matilde è in crisi, e noi intorno a sostenerla. A dire il vero è Agata che la sta sostenendo io ancora non ho fatto nulla. Ma non mi voglio distrarre con questi pensieri che quest'altra ancora parla.

"Le ho detto stai calma Matilde così mi fai prendere un accidente. Dove sei? E lei 'A casa.' E io. Da sola? Sì. I ragazzi sono dai miei.' E ha ricominciato coi singhiozzi. Va bene, allora arrivo. Calmati, che ora vengo lì così mi racconti tutto per bene che ho capito una parola su tre."

Fa una pausa, prende fiato e ricomincia. "Lo sai – mi dice con pacata rassegnazione – sono sempre stata una frana a decifrare il piantese. La sola cosa che mi salvava da piccole era la lettura delle labbra, ma per telefono, tu capisci, che è dura e non potevo nemmeno fare una video chiamata perché rischiavo di abbracciare un albero se mi mettevo su face time. Sicché le ho detto: dai Matilde, calmati, sono due anni che litigate e discutete non mi puoi crollare adesso che finalmente stai guadagnando la tua libertà."

'Brava piccina, crescendo hai fatto dei progressi enormi sono fiera di te.' E mi si increspano le labbra in un sorriso, che Agata non vede perché mi dà le spalle voltata verso la finestra mentre imita Matilde al telefono che le ha risposto.

"Dici così perché non hai visto la faccia di Davide. Sembrava uno zombie."

Si volta verso di me, finalmente, mi sembra un po' stizzita, non ho finito neanche il pensiero che sbotta.

"Qui mi ha fatto un po' incazzare – appunto mi sembrava. – le ho detto: Guarda che tuo marito quella faccia l'ha sempre avuta. Ti ricordi che al liceo le ragazze impazzivano per quell'espressione da poeta maledetto mista a fattone?"

'Sei tremenda quando ti ci metti, poveretta quella sta come un cane. Ma anche questa volta lei mi interrompe.'

"Lo so, hai ragione, sono stata un po' merda." Mi guarda, sorride abbassando gli occhi e mi si avvicina.

'Mica poco tesoro mio. Ma ti voglio bene per questo, quando pensi una cosa se non la dice la tua bocca, la dice la tua faccia.'

"Però anche Matilde mi ha risposto: 'Smettila – e le è scappata una risatina – non mi puoi far ridere anche adesso che ho distrutto la mia famiglia.'

"Oh Mario Merola, semmai la stai salvando la tua famiglia. Non potevate continuare così. Che razza di insegnamento davate ai vostri figli? Che si sta insieme per sopportarsi e per non far dispiacere ai nonni? Suvvia sei una donna intelligente te l'ha detto anche il terapeuta che non si scopa l'amico ma ci vuole l'amante. E lui quel ruolo lì l'aveva perso da un pezzo."

COME VAMPIRIWhere stories live. Discover now